Gabriele Caproni photographer


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Tutti Fotografi
(2005)
Il Violino


   














Fotografare in luce ambiente - di Maurizio Capobussi (T.F. novembre 2005 n. 11)

Per un liutaio è importante studiare i materiali del passato, analizzare le tecniche di un tempo, approfondire le caratteristiche dei materiali. Sono elmenti importanti, nell'ansia continua di migliorare. Ma non esistono soltalto vernici, riccio, filetti, scelta dei legni. Occorre saper dialogare con i musicisti, ascoltare il loro parere. Occorre sapere fare vivere uno strumento. Colpo di sgorbia topo colpo di sgorbia, ecco il lavoro di Roberto del Gratta. E' un liutaio che ha frequentato il maestro Giò Batta Morassi a cremona e che ora opera nella propria bottega di Lunata (LU). Scatto dopo scatto, è stato seguito da Gabriele Caproni nella lunga opera di fabbricazione di un violino. L'impresa, per essere portata a termine, richiede confidenza tra fotografo e soggetto, molta pazienza perchè la lavorazione è lunga, molta tecnica perchè le condizioni d'ambiente non sono facili.
Per scelta, le fotografie non sono state scattate con l'aiuto di luci artificali ma, strettamente, con la luce disponibile. Le fotocamere sono state le Leica a telemetro, la pellicola è stata quella tradizionale bianconero. E' facile, in occasioni come questa, dire che siamo in presenza di un terreno fotografico che è proprio quello d'elezione di apparecchi silenziosi, discreti ma soprattutto in grado di lavorare al meglio con tempi lenti e grandi aperture d'obiettivo. In un mondo in cui regna il profumo dell'abete di risonanza di alta qualità, la magia non poteva essere infranta. E infatti non lo è stata.
Osservando attentamente gli scatti si possono fare alcune considerazioni. In primo luogo, le scene sono quelle che si sarebbero potuto incontrare dopo la metà del '500. Gli attrezzi sono sempre gli stessi, da tempi immemorabili. Le luci sono spesso radenti. Dunque richiedono ottiche di pregio, esigono che si stia molto attenti ai riflessi parassiti. La stampa bianconero deve essere accuratissima perchè i contrasti sono esasperati. Non è facile mantenere dettaglio nelle aree scure e contemporaneamente in quelle chiare. Gabriele Caproni su questo piano è un fotografo esigente. In passato, e proprio in riferimento alla qualità dei risultati ottenibili, ha voluto parteciapare ad un workshop Sinar a Feuerthalen, in Svizzera, prendendo poi a fotografare in formato 4x5" per non essere limitato dalla superficie ridotta del 35 mm. Ma per queste immagini ha puntato su Leica, sull'immediatezza di rapporto con il soggetto, su fascino della luce ambiente. Con ragione, come si vede. E' poi scontato, ma traspare chiaramente dai commenti dell'autore, il ringraziamento che tributa all'amico liutaio, che ha concesso di fotografarlo a lavoro. Si tratta di un'impresa non facile, non soltato per la ritrosia di ogni artigiano nello svelare molti segreti di fabbricazione, i segreti dell'"arte", ma anche per l'impegno che l'intera seduta fotografica ha richiesto: quaranta giorni di assidua frequenza in laboratorio, indispensabili per seguire passo dopo passo la nascita del prezioso strumento.

  - In primo luogo, quale attrezzatura preferisce usare?
Adopero prevalentemente fotocamere Leica: le reflex R6 e R7 e la telemetro M6.
  - La scelta di Leica è di solito motivata dalla qualità degli obiettivi.
Certamente sì. Ho diversi obiettivi, che coprono dalla focale 21mm a quella di 280 mm. Arrivo comunque alla massima lunghezza focale, cioè fino a 560 mm. adoperando l'Extender 2x.
  - Tra le ottiche, quale preferisce, e perchè?
Bisogna distinguere tra differenti occasioni di ripresa: nel caso di Leica M, utilizzata per il reportage in bianconero, certamente il 95% delle foto è scattato con il il Summilux 35/1,4 Asph. E' un obiettivo di qualità eccellente anche a tutta apertura, anche se personalmente lo utilizzo maggiormente in iperfocale a diaframmi medio-chiusi. Voglio poter scattare senza aver bisogno di mettere a fuoco. E' l'ottica che tengo permanentemente montata sull'ottima Leica M6 e mi accompagna  sempre, quando esco.
Le cose cambiano quando lavoro con le reflex Leica R, che utilizzo prevalentemente con la pellicola per diapositive, per foto di paesaggio e di natura. In questo caso non ho un obiettivo preferito, in quanto li adopero in ragione del campo inquadrato di cui  ho bisogno. Mi affido molto al notevole 28mm F/2,8 PC Super Angulon decentrabile, nonchè alle focali da 70 a 180 mm.
  - Le ottiche devono essere adeguatamente sposate alle giuste pellicole. Quale preferisce usare?
Per il bianconero, in formato 35 mm adopero prevalentemente l'HP5 della Ilford, sviluppandola in ID11 quando è esposta al valore nominale. Preferisco però trattarla con il rivelatore Ilfotec HC se la espongo a 1600 ISO. Per le foto del lavoro sul violino, la pellicola è stata esposta ad 800 ISO. L'ho poi trattata nel rivelatore Nucleol BF200 di Ornano. E' stata una scelta indovinata, perchè necessitavo di una grande capacità di compensazione tra chiari e scuri, in considerazione dei grossi dislivelli di luce presenti nelle immagini.
  - In camea oscura dunque opera personalmente.
Sì. Salvo per particolari esigenze, per le quali allora mi affido all'ottimo stampatore Antonio D'Ambrosio di Castelfiorentino (FI). Eseguo personalmente le stampe in B/N utilizzando un ingranditore IFF dotato di testa colore. Stampo normalmente su carta Ilford Multigrade IV FB. Inoltre digitalizzo i negativi con uno scanner a pellicola, per avere una vsione immediata del lavoro svolto.
  - Sappiamo che Leica non è l'unica fotocamera che adopera.
In alcune occasioni, e in particolare per le foto di paesaggio e di architettura, adopero a volte anche una vecchia fotocamera di grande formato. E' una Linhof Tecknica IV da 4x5", che ho corredato di obiettivi di focali 65 mm, 90 mm, 150 mm e 210 mm. Non ne faccio un uso particolarmente frequente ma certamente si tratta di una macchina che permette di risolvere particolari problemi di prospettiva e di inquadratura.
  - Il suo lavoro è prevalentemente in bianconero, come nel caso del reportage sulla fabbricazione dle violino, oppure scatta anche a colori?
Il reportage lo faccio esclusivamente in bianco e nero. Utilizzo però il colore, normalmente con le macchine reflex Leica R, per le foto di paesaggio e di natura. In questo caso le fotocamere vengono rigorosamente adoperate su treppiede.
Come pellicola per diapositive adopero normalmente la Fujichrome Velvia 50. La trovo eccellente soprattutto quando è abbinata alle ottiche Leica, sia per la bella resa che offre in termini di nitidezza sia per il controllo dei contrasti, piuttosto marcati.
  - In un reportage in esterni, che cosa mette nella sua borsa fotografica?
La scelta dell'attrezzatura per un reportage generico fa conto esclusivamente sul corredo Leica M. Utilizzo come ottica fondamentale il Leica Summilux 35/1,4 Asph.  Ad esso affianco il 21mm f/2,8 e poi, a seconda della necessità, il 50mm f/1ed il 90mm f/2.
Per il lavoro volto a realizzare il libro sul violino, la scelta è stata più articolata: ho scattato con la Leica R6 con il Super-Angulon 21mm f/4 e con il 28mm PC oppure con il Summicron R 50mm f/2 e l'Apo-Macro Elmarit 100mm f/2,8. Il corredo reflex si è dunque affiancato alla M6 adoperata normalmente con il Summilux M 35 f/1,4 Asph.
  - Quali sono i pregi che attribuisce in modo particolare alle sue Leica?
Parlando soprattuto del sistema Leica M, i pregi sono conosciuti: la silenziosità e il ritaro di scatto praticamente nullo. Ed in più, ed è importante, il fatto di vedere nel mirino tutto a fuoco: è un vantaggio che permette di curare in maniera immediata l'inquadratura e tutti gli elementi che la compongono, senza la visione di sfuocato tipica del sistema reflex.
Inoltre, dico che utilizzando metodicamente l'accorgimento di operare una regolazione preventiva dell'esposizione, come pure una pre-regolazione della messa a fuoco, ecco che il fotografo ha in mano uno strumento "micidiale", più pronto allo scatto di qualsiasi autofocus. Questo modo di lavorare è naturalmente riferito ad obiettivi grandangolari dalal focale di 35 mm in giù. Sottolineo che un apparecchio a telemetro rende il fotografo meno appariscente e pertanto molto più accettabile e meno "minaccioso" nelle situazioni in cui si trova a fotografare.
Non basta. Parlando di Leica, non posso assolutamente tacere sull'assoluta qualità delgi obiettivi: ho riscontrato, soprattutto sulla pellicola Velvia, una resa di colore e di nitidezza davvero stupefacenti. Nel bianconero invece queste doti di eccellenza ottica si trasformano in una ricchezza di toni ed in una estrema facilità di stampa, riscontrabili soltanto sui formati di pellicola maggiori.
  - Hai mai guardato al digitale? Una fotocamera digitale affiancherà, in futuro, la sua attuale attrezzatura? Che ne pensa della proposta Leica di un dorso digitale per le reflex R8 e R9?
L'argomento richiede qualche considerazione articolata. E' chiaro che il digitale sta facendo passi da gigante, penso che solo qualche anno fa, come è evidente rileggendo TF, i sensori da 2 Megapixel sembravano miracoli e che oggi i limiti si sono spostati ben più avanti. D'altra parte, va detto che come del resto anche in tutti gli altri prodotti "inquinati" dall'elettronica, il tasso di obsolescenza è inevitabilmente straordiario. Tutto questo mi porta a concludere che il digitale deve essere considerato un prodotto di consumo in senso lato del termine e che vale la regola "oggi mi serve, oggi lo compro". Non vale più quella "compro quanto meglio c'è oggi sul mercato, mi durera anni".
A livello professionale trovo che l'utilizzo dell'immagine digitale è diventato imperante in tutti quei casi in cui quello che conta è la tempistica, non la qualità assoluta dell'immagine. Tuttavia, va pure detto che con i sensori da 10 Megapixel  ed oltre la qualità può già da ora essere considerata più che buona. La velocità di fruizione rimane comunque il parametro che più colpisce: pochi giorni fa ero a Roma e davanti alla fontana di Trevi c'era un anziano fotografo ambulante. Era dotato di macchina digitale e stampante al collo! Le foto le consegnava in tre minuti.
Attualmente non sento ancora la necessità di una macchina digitale. Tuttavia trovo estremamente intelligente e lungimirante la scelta fatta da Leica di progettare il dorso digitale Leica DMR. Ha il chiaro intento di preservare gli investimenti fatti dai possessori dei corredi R. Posso infatti tranquillamente pensare a una futura Leica R9 sapendo che quando ho speso non andrà perduto nel passaggio al digitale. Inoltre, se si consoliderà questa strada, saranno applicabili tutti gli sviluppi che la tecnologia porterà in futuro.
Intervista a cura di Maurizio Capobussi.

AGGIORNAMENTO: sono passati 6 anni da questa intervista. Pochi in termini assoluti ma tantissimi nell'era digitale. Le fotocamere hanno ampiamente superato i 10 mp (oggi con 18 Mp si stampa un 30x45 a 300 dpi) e la qualità ha raggiunto, se non superato, quanto ottenibile con la pellicola, soprattutto alle alte sensibilità.  Acquistare una macchina da 12, 14, 18 Mp è effettivamente sufficiente alla maggior parte degli impieghi.  Purtroppo il DMR è stato abbandonato, anche se in molti si aspetta un nuovo sistema che permetta di usare le ottiche R che comunque rimangono utilizzabili su Nikon, Canon, Sony e il sistema 4/3. I pergamini per i negativi sono stati sostituiti con HD esterni di memorizzazione, ma i tempi non sono cambiati: tanto occorreva prima in camera oscura per ottenere una buona stampa, tanto ne occorre ora davanti allo schermo per ottenere un buon file stampabile. Più che mai è diventato importante imparare quando fermarsi, perchè i programmi di elaborazione delle immagini permetto interventi impensabili con l'analogico. Ancora più che mai è essenziale il proprio giudizio e il proprio buon gusto.

 













                                 

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